ADHD

DEFINIZIONE:
La Sindrome da Deficit di Attenzione ed Iperattività (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder, ADHD) viene definita dalla controversa Associazione Americana di Psichiatria (American Psychiatric Association, APA) come una malattia cronica dell’infanzia caratterizzata da disturbi dello sviluppo, alterato livello di attività, bassa tolleranza alla frustrazione, impulsività, scarso controllo del comportamento, tendenza alla distrazione e incapacità di mantenere l’attenzione e la concentrazione.
In realtà, e questo appare chiaro dalla definizione precedente, più che una malattia è appunto una Sindrome, cioè un insieme di sintomi e segni clinici che, in quanto tali, non permettono la certezza della diagnosi. Manca cioè un fattore biologico o genetico rilevabile e misurabile con il quale poter diagnosticare il disturbo “aldilà di ogni ragionevole dubbio”.



NOTE:
La mancanza di un indice certo per esprimere diagnosi alimenta i fortissimi dubbi di una parte della comunità scientifica sulla reale esistenza di questa Sindrome. Per una crescente corrente di scienziati, medici e psichiatri, infatti, questo disturbo non presenta delle basi neurologiche o delle caratteristiche uniche e specifiche, ma sarebbe solo una delle tante presunte patologie rispolverate per fini economici.
La teorizzazione dell’ ADHD infatti risale al 1845, e tale concetto, prima abbandonato, sarebbe stato ripreso negli anni ‘80 per questioni di marketing. Infatti, tale disturbo non è annoverato nel manuale delle Malattie Psichiatriche stilato dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità, ma solo nel criticato DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) dell’ APA, che è comunque un’ associazione di stampo privatistico spesso al centro di polemiche e più volte accusata di conflitto di interesse.
Oltre alle crescenti difficoltà diagnostiche, un punto molto importante della controversia riguarda la pericolosità dell’approccio terapeutico raccomandato (a base di amfetamine) e i suoi spesso gravissimi effetti collaterali, tra cui diversi casi di suicidio nella popolazione in età scolare. Tali fatti impongono un’attenzione nell’eventuale diagnosi che troppo spesso non prevede il necessario intervento multidisciplinare né l’ancor più importante via psicanalitica rispetto a quella farmacologica.

EZIOPATOGENESI:
Allo stato attuale non esistono dati di certezza sulle cause dell’ADHD.
Sono state presentate diverse ipotesi, tra cui pregressi traumi, esposizione a tossici ambientali (es. piombo), complicanze in gravidanza o durante il parto, lesioni cerebrali, encefalopatia tossico-ischemica, cause genetiche ed ambientali.
Nonostante le diverse evidenze scientifiche portate a sostegno di ciascuna ipotesi, allo stato attuale non esiste una teoria univocamente accettata.
Tuttavia sembra che un ruolo fondamentale nell'evoluzione dei disturbi associati all' ADHD sia svolto dal sistema dopaminergico che regola i processi cognitivi della corteccia prefrontale e i cosiddetti meccanismi di ricompensa; su questa ipotesi si basano i principi farmacologici della terapia della Sindrome da deficit di attenzione e iperattività, ma sarebbe un errore considerare la dopamina come l'unico neurotrasmettitore coinvolto, sia perchè la sua attivazione da sola non basterebbe a spiegare l'insieme delle manifestazioni della malattia, sia perchè l'utilizzo di farmaci ad esclusiva o prevalente azione dopaminergica (anche a causa delle lacune e delle divergenze tuttora esistenti sull' argomento) potrebbe alterare l'equilibrio recettoriale, causando psicosi da iperstimolazione dopaminergica, documentati in questa come in altre patologie in cui tale sistema è coinvolto.In funzione della loro attività sulle aree corticali, quindi, è probabile che oltre alla dopamina siano coinvolti anche acetilcolina, noradrenalina e serotonina.

SINTOMATOLOGIA:
Secondo il DSM IV i sintomi dell’ADHD sono divisi in due gruppi principali:
-
relativi a Deficit di attenzione
- relativi a impulsività e iperattività
In generale però possono essere presenti:
- deficit di attenzione
- impulsività
- aggressività
- iperattività
- asocialità
- tic nervosi
- difficoltà di apprendimento
- ansia
- depressione
- disturbi dello sviluppo
- ritardo mentale
- movimenti oculari saccadici
Tale sintomatologia può presentare forti variabilità circadiane ed è spesso soggetta a modificazioni durante la crescita del soggetto. Inoltre sono presenti molte differenze tra i quadri clinici dei vari soggetti e ancora di più son quelle relative alla gravità dei sintomi. Ancora, la maggior parte dei sintomi precedentemente enunciati sono presenti in svariate altre patologie di stampo psichiatrico e neurologico, comportando forti difficoltà nella diagnosi differenziale.
Infine non bisogna dimenticare che in molti dei casi classificati come ADHD, esiste spesso la prevalenza di comorbilità, il che alimenta i dubbi sull'esistenza della cosiddetta forma “pura”.

DECORSO E PROGNOSI:
Anche in questo caso va fatta una distinzione tra coloro i quali negano l'esistenza della malattia e quelli che invece la considerano una vera e propria disabilità sociale.
Nel primo caso, infatti, i soggetti presumibilmente affetti da ADHD sono da considerarsi semplicemente “vivaci” e quindi l'aspettativa di vita non differisce da quella della popolazione normale.
Nel secondo caso invece, in funzione dei disturbi comportamentali, del deficit di attenzione e dell'aggressività, tali soggetti potrebbero presentare nel corso della vita problemi familiari, scarsa autostima, potrebbero godere di cattiva reputazione tra i coetanei e andare incontro a vari gradi di conflitti sociali.
Quanto alla prognosi, gli studi in merito sono molto discordanti; c'è chi sostiene che la sintomatologia possa risolversi in poco tempo e senza ricorrere all'uso di farmaci mentre altri negano la possibilità di guarigione senza l'ausilio della terapia farmacologica. Nella maggior parte dei casi, comunque, il passaggio all'età adulta rappresenta un evento favorevole, quando non risolutivo.
Inoltre va considerato che non esistono casi di morte direttamente o esclusivamente riferibili alla malattia; tuttavia (ed è questo che costituisce la base principale del dibattito sull'ADHD) diversi decessi e/o atteggiamenti violenti fino all'omicidio e al suicidio sono stati riscontrati nei soggetti in terapia farmacologica, ma mai in quelli sottoposti a terapie alternative.

DIAGNOSI:
Secondo
il DSM IV i criteri diagnostici sono soddisfatti qualora siano presenti almeno sei sintomi di disattenzione (per esempio, spesso è facilmente distratto da stimoli estranei) o sei sintomi di iperattività-impulsività (ad esempio, spesso giocherella con le mani o i piedi o si contorce da seduto).
In entrambi i casi, i sintomi devono:
1) essersi presentati ed essere causa di alterazioni prima dell’età di sette anni;
2) essere presenti per un periodo di sei mesi o più;
3) causare alterazioni clinicamente significative in termini di relazioni interpersonali e rendimento scolastico e differire dalle normali aspettative di sviluppo.
In alternativa, esistono scale di valutazione del comportamento che posso essere utili per effettuare la diagnosi.
Quello della diagnosi è però il problema maggiore che riguarda la questione dell' ADHD, e questo sia perchè non sempre è affidata a specialisti o a un pool multidisciplinare (negli Stati uniti ad esempio, vi sono stati molti casi di diagnosi effettuata dai semplici psicologi scolastici), sia perchè la sintomatologia a volte sfumata e presente anche in altre patologie difficilmente permette un criterio di certezza.

TERAPIA:
Attualmente l'approccio al paziente con ADHD è di due tipi, generalmente in associazione:
- farmacologico
- analitico
APPROCCIO FARMACOLOGICO
Sebbene oggetto di un acceso dibattito, attualmente in alcune condizioni è accettato l'uso di farmaci come terapia sintomatica dell'ADHD.
Tra questi i più utilizzati sono gli psicostimolanti (come il metilfenidato, la destroamfetamine e la pemolina). L'uso di questi farmaci è però gravato da molteplici effetti collaterali: la pemolina ad esempio è stata ritirata dal commercio in Italia in seguito alla sua eccessiva tossicità epatica, mentre per gli altri esistono segnalazioni di comportamenti violenti e suicidari, nonché, come riferito dalla FDA americana, gravi reazioni psichiatriche e cardiovascolari.
Altri farmaci usati nel trattamento dell'ADHD sono gli antidepressivi (atomoxetina, anch'essa segnalata dalla FDA per gli stessi effetti collaterali) e gli anti-ipertensivi, che di effetti avversi non sono certo privi.
Negli studi effettuati queste sostanze hanno dimostrato di migliorare l’attenzione e diminuire l’impulsività, l’iperattività e l’aggressività.
APPROCCIO ANALITICO
Secondo Barkley le quattro condizioni deficitarie comuni nei bambini affetti da ADHD che ne determinano il rifiuto da parte della società sono:
1. ingresso sociale
2. capacità di conversazione
3. risoluzione dei conflitti e capacità di problem-solving
4. controllo della rabbia
Sempre secondo Barkley, l'ingresso nella società è funzione dell' educazione ricevuta dai propri genitori, la capacità di conversazione può essere affinata coltivando le amicizie, la risoluzione dei conflitti e la capacità di problem-solving può essere migliorata con l'apporto di un consulente (un parente, un ragazzo più grande, un insegnante, uno specialista) e il controllo della rabbia può essere aumentato attraverso l'apprendimento e l'abilità di accettare le proprie responsabilità.
Riguardo al ruolo della famiglia, Taylor suggerisce di coinvolgere il bambino in una sorta di gioco di ruolo in cui, in un giorno stabilito e per circa 15 minuti, istruirlo e coinvolgerlo in maniera stimolante in situazioni che poi potrebbe rivivere nella vita reale, anche con l'uso di promemoria, in modo da ricordare come e quando utilizzare le abilità apprese. Quindi è necessario incoraggiare i tentativi del bambino e correggere eventuali aspetti da migliorare, trascorrendo molto tempo con lui e elogiandolo per i suoi progressi.
E' molto importante aiutare il bambino ad ammettere e a capire i propri errori e i propri conflitti, supportandolo ogni volta nella ricerca di soluzioni per così dire pacifiche. Ciò vale sia per quello che riguarda i rapporti sociali, sia per gli eventuali insuccessi scolastici.
In tal senso, un aspetto molto interessante è fornito dagli studi di Sonuga-Barke, il quale sottopose ad alcuni test di valutazione dei soggetti cui era stata diagnosticata l'ADHD, comparandoli con dei controlli. Questi soggetti inizialmente fornirono risposte errate, il che depose per una condizione di ritardo mentale (molto spesso associato ai soggetti ADHD). In realtà ciò che era stato confuso per ritardo mentale risultò poi semplice impulsività; infatti, riproponendo i test ai soggetti ma aumentando il tempo di risposta a ciascuna domanda, I risultati non sono stati dissimili da quelli del gruppo di controllo.
Sulla base di queste risultanze, la proposta di un approccio non farmacologico mirato a ridurre le caratteristiche di impulsività, sembra piuttosto sensato.

In conclusione, l'esistenza di uno strumento per la diagnosi precoce di quelle caratteristiche antisociali che vengono globalmente e spesso troppo facilmente accomunate nella diagnosi di ADHD, strumento comunque attualmente non disponibile, consentirebbe un approccio mirato psicanalitico e non farmacologico, se eseguito da esperti qualificati, già in età scolare o prescolare, permettendo di distinguere quelle condizioni che in futuro potrebbero diventare nocive per la società e per gli stessi pazienti ed evitare il ricorso a pericolose terapie a base di psicofarmaci i cui effetti collaterali pongono in serio dubbio l'esistenza di un rapporto favorevole tra rischio e beneficio.

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